I cappotti irriverenti che sono dei simboli di giovinezza
Negli anni ’60 la moda predilige i giochi di colore e una geometria rettilinea o a trapezio. I cappotti, pertanto, sono dritti o a redingote, ossia hanno le maniche a giro, il busto aderente, la vita segnata e sono svasati verso il fondo. Frequentemente sono dei mini soprabiti in quanto la loro lunghezza arriva sopra il ginocchio perchè sono creati al seguito del successo ottenuto dalle minigonne. L’idea di fondo è che debbano sembrare giovanili, poco convenzionali, divertenti e irrispettosi a prescindere dall’età del soggetto che li indossa.
Nella seconda metà del decennio, basandosi sul sentimento pacifista, alcuni stilisti sviluppano dei modelli di cappotto d’ispirazione militare, cioè doppiopetto, aderenti, modellati al torace, con revers a lancia, dalle lunghezze maxi, con spacchi alti e con profondi piegoni. Questi soprabiti sono realizzati in tessuti grezzi a piccole fantasie geometriche dai colori contrastanti di tonalità terrose e vengono abbinati a degli stivali alti e a delle gonne mini o midi.
In voga in questi anni sono i manteaux del New Look di Christian Dior, i mini cappotti di André Courrèges, lo stile che s’ispira al film Il dottor Živago del ’65, che abbina dei maxi soprabiti a dei colbacchi di pelliccia, e, a partire dal ’68, l’accostamento dei maxi cappotti lunghi fino ai piedi con delle minigonne.
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